La vita nel lager
Il lavoro assorbiva quasi del tutto la vita dei deportati.
Nella maggior parte dei lager il lavoro forzato durava dalle dodici alle
quindici ore, a seconda delle stagioni. La vita nelle baracche, dove il
termometro scendeva spesso sotto i 30 o i 40?, o al contrario era caldo e umido
in modo insopportabile, era tutta segnata dalla lotta per la sopravvivenza:
bisognava sopravvivere al freddo soprattutto, alla fame, alle malattie
provocate per lo pi? dalla debilitazione e dalla mancanza d'igiene, alla
violenza dei capisquadra reclutati tra i peggiori delinquenti, al controllo dei
guardiani e alle angherie dei secondini. Il tempo che restava era impiegato a
procurarsi la legna per la stufa, qualcosa in pi? da mangiare, a parlare con i
compagni di sventura, a cercare di tenersi puliti.
?La fame attenuava e svigoriva in noi l'invidia, come ogni altro sentimento. Non
avevamo la forza di provare sentimenti, o di cercarci un lavoro meno pesante,
di brigare, chiedere, pregare? Invidiavamo solo quelli che conoscevamo, con i
quali eravamo arrivati quaggi? e che ce l'avevano fatta a trovare una
sistemazione in un ufficio, all'ospedale o alla stalla, lontano da quel lavoro
fisico pesante e interminabile che veniva celebrato sull'arco sovrastante tutti
i cancelli dei lager come "questione di valore ed eroismo"??? (Varlam
Šalamov)
I bambini e il GULag
La rivoluzione, le guerre, le carestie provocarono il
moltiplicarsi nel paese dei bambini vagabondi, i besprizornye deti? che
vivevano di furti ed elemosine. La Čeka da un lato si preoccupava
dell'organizzazione degli orfanatrofi e delle colonie, dall'altro provvedeva
alla repressione dei ?piccoli delinquenti?. Molti minorenni venivano processati
e spediti nei lager. Nel 1935 fu approvata una legge che abbassava l'et? della
responsabilit? penale a 12 anni (in precedenza era 14 anni). Malgrado tutto ci?
la delinquenza minorile non accenn? a diminuire fino al principio degli anni
'50.
Spesso i bambini condividevano il destino dei loro genitori detenuti nei campi.
Egualmente duro era il destino dei figli delle persone accusate di tradimento
della patria negli anni '30. Pi? di 25.000 bambini si trovavano sotto il
controllo dell'NKVD.
L'arte al servizio del GULag
Tutti i lager dovevano occuparsi dell'educazione dei detenuti. In ogni campo esisteva
una sezione speciale ? il KVČ (Settore di educazione culturale). Qui si
tenevano conferenze, era possibile ascoltare la radio o leggere il giornale,
qui gli stessi detenuti organizzavano spettacoli teatrali e concerti,
ovviamente sotto lo stretto controllo della direzione del campo. Nel KVČ
si preparavano tutti i materiali di propaganda e agitazione politica,
manifesti, cartelloni, gazzettini ecc. Per gli ex-artisti, attori, giornalisti
e scrittori questa occupazione costituiva l'unico mezzo di sopravvivenza,
l'unico modo per evitare i lavori pi? pesanti del campo. I detenuti che
lavoravano presso il KVČ ricevevano un vitto migliore e le regole per loro
erano meno severe che per gli altri detenuti.
Negli anni '20-inizio anni '30 il lavoro educativo e culturale era assai sviluppato:
nei lager si pubblicavano giornali e riviste, esistevano brigate stabili per la
propaganda politico-culturale e per gli spettacoli, che giravano in tourn?e i
vari penitenziari. Dal 1937 questa attivit? cominci? a venir meno. I lager
smisero di essere luoghi di rieducazione e divennero luoghi di sterminio. Una
ripresa del teatro nei lager si registr? dopo la guerra, quando i direttori dei
campi cominciarono a considerare le compagnie teatrali e i cori di detenuti
come fiori all'occhiello della propria attivit?. Avevano quindi un
atteggiamento analogo a quello dei nobili russi, con i? loro teatri privati nei
quali si esibivano servi della gleba. I teatri pi? famosi nel mondo dei lager
furono a Vorkuta e a Magadan.